“PRATICA FILOSOFICA E SIGNIFICAZIONE SAPIENZIALE DELL’ESISTENZA” RECIPROCITÀ TRA FILOSOFIA E TEOLOGIA

Introduzione

In questo saggio s’intende trattare la frontiera complessa e problematica, nell’orizzonte della consulenza-cura-counseling tra la filosofia e la teologia, attraverso poche introduttive annotazioni ispirate dall’intento di cogliere la reciprocità feconda sul terreno eminentemente antropologico ed esistenziale.

La sensazione dell’incompletezza-insoddisfazione ed il desiderio di significati più alti hanno mosso ed interrogato la saggezza-sapienza di fronte alle analisi sulla visione del mondo e della vita dell’uomo e degli uomini. Nel corso della storia del pensiero le diverse consapevolezze sono state concettualizzate come il “salire verso la verità ed il bene che ogni anima desidera” di Platone, il “non cessare di scolpire la tua propria statua, finché non brilli in te la chiarezza divina delle virtù” di Plotino, la vigilanza – tensione dell’animo dello Stoicismo, prima scuola dei “filosofi praticanti”, la filosofia come guarigione aperta al “piacere divino” di Lucrezio. Ed attraversando la teologia patristica e “le confessioni” agostiniane del “cuore inquieto finché non riposa in Te”, si è approdato alle filosofie dei non-accademici degli Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche, Marx, ed alle esistenzialiste di Husserl ed Heidegger. E quindi, alla riscoperta, sotto altre vesti e figure, arricchite da esperienze e maturità, delle filosofie-in-pratica di Achenbach e la sua “estraneità accademica”, di Schuster ed il suo “cibo filosofia”, di Lahav e la sua ricerca di saggezza per “comprendere la vita”, di Ruschmann e Raabe, ed altri ancora. La tonalità confinante secondo la nostra sensibilità pensante è che la persona in ricerca, sia per essere più uomo che per guarire il suo umano, esercita un filosofare sul senso della propria vita e della vita in quanto tale, dialogando serenamente col pensiero sapienziale di natura spirituale e teologica, non necessariamente dottrinale-dogmatico o più genericamente religioso.

La direzione significante è una viva intelligenza in un cammino di “comprensione vissuta” che traccia una filosofia dell’esistenza, nell’orizzonte di senso aperto al trascendimento ed all’ulteriorità.

Il contributo proposto intende approfondire la consulenza-cura-accompagnamento della filosofia come ricerca interiore personale che apre alla necessaria relazione con il pensiero teologico-spirituale, coscienti della sempre accesa dialettica tra le figure che professano l’antinomia inconciliabile. Ma pensiamo che vi siano terreni ragionevoli ed aperti vocati a favorire una sana ed armonica reciprocità per cogliere l’integralità della persona e della coscienza della comunità civile nel loro presente in divenire.

Ringrazio Ran Lahav per la disponibilità al confronto, Emilio Baccarini, Antonio Cosentino ed Augusto Cavadi, ciascuno nella propria specificità, per la disponibilità al confronto sulla consulenza filosofica e sulle pratiche filosofiche.

La cura sapiente dell’essere

La filosofia come cura dell’anima, nella sua vocazione originaria, è urgente nell’uomo contemporaneo, ed è stata ricompresa ed riavviata da una linea di filosofi a partire dai primi anni ’80, come Achenbach, Schuster, Lahav, Marinof, Ruschmann, Raabe, Pollastri, Zampieri, Cosentino, Cavadi, ed altri.

La filosofia si riscopre nel suo orizzonte sapienziale, come ricerca di saggezza per approfondire l’umano e l’esistenza. Naturalmente, non si tratta di rifiutare la filosofia come scienza ma di recuperare le due ali della filosofia: scienza e saggezza/sapienza come accompagnamento interiore, cura, guarigione, maturazione, crescita e perenne trascendimento della persona.

In tale apertura, la filosofia si avvicina alla pluralità della teologia nello specifico della prassi, della pastorale, della morale, e della spiritualità nel senso ascetico, mistico, contemplativo. Dunque, la consulenza-cura filosofica è molto limitrofa all’accompagnamento spirituale, non precisamente sacramentale, di un sacerdote o di un teologo laico. La pratica filosofica e la pratica teologica spalancano orizzonti di senso tra i dialoganti. Certamente è importante accrescere la sfera spirituale dell’esistenza antropologica, cosa diversa come già sottolineato, dalla religiosità dogmatica o del confessionalismo. V’è una spiritualità esistenziale ed antropologica, o diversamente definita laica, ovvero laicità spirituale che narra la meraviglia di fronte alla vita, lo stupore di fronte all’esistenza, il desiderio di senso, la contemplazione della bellezza. Fino all’affaccio sul Mistero, allo sguardo sull’Ulteriorità e l’Altrove. Ran Lahav afferma che la filosofia è vocata da sempre, e soprattutto nei periodi bui, ad aprire “uno spazio […] per l’edificazione e la ricchezza spirituale” ed in cui curare “le dimensioni della saggezza, della profondità, della spiritualità” , “largamente dimenticate dalla maggior parte della civiltà occidentale, anche dai settori intellettuali della società. E in questo senso stanno evaporando dall’esistenza, anche come mera possibilità” . Quindi, si tratta di recuperare questa possibilità sul terreno pratico e come servizio all’uomo della filosofia e della teologia.

Una saggia reciprocità da ritrovare

Non si possono negare, dunque, le sintonie tra consulenza filosofica e teologico–spirituale fin dalle origini della filosofia. Già in Calabria i Pitagorici sperimentavano la ricerca intellettuale e l’esperienza liturgica. Nella attuale Campania meridionale gli Eleatici. Scuole filosofiche elleniche e latine celebravano esercizi spirituali. La filosofia classica si poneva il compito di elaborare un modo esistenziale, di cercare uno sguardo significativo sul mondo, di forgiare l’uomo. Platone, secondo Anthony Kenny, intendeva “il governo dell’anima con l’anima”, ovvero la convinzione che la vita interiore dovesse essere trattata con i suoi stessi strumenti. Hadot scrive che “Nei primi secoli il cristianesimo ha presentato se stesso come una filosofia, nella misura stessa in cui assimilava la pratica tradizione degli esercizi spirituali” . In modo particolare con Clemente di Alessandria, Origene, Agostino, nel monachesimo in generale. Gli esercizi spirituali sono passati dalla filosofia alla teologia nei primi sette secoli, con la patristica, con l’assunzione di una certa significazione e stile, atteggiamento e tonalità spirituali non presenti nella chiesa apostolica e primitiva . Precisamente, dal IV secolo con Gregorio di Nazianzio, Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico il cristianesimo veniva presentato già come filosofia. Nel V secolo in Teodoreto di Cirro, e poi Filone d’Alessandria, iniziatore della filosofia della religione dominante nel Medioevo, nella sua “De vita contemplativa” definisce filosofi gli eremiti contemplativi, che vivevano in perfetta solitudine e con un profilo terapeutico. Essi, compreso una comunità filosofica giudaica, “trattavano anche le anime dominate da malattie dolorose e praticamente incurabili, inflitte da piaceri e libidini, dolori mentali e paure, da atti di avidità, follia e ingiustizia, e dall’interminabile moltitudine degli altri disturbi e vizi” Per non dire che il Medioevo latino chiamerà “filosofia” la vita monastica, Bernardo di Chiaravalle e la sua filosofia celeste proposta ai suoi discepoli, e Giovanni di Salisbury usa il termine “filosofare” in modo retto ed autentico. La scolastica del medioevo inizia a distinguere fino a separare la filosofia dalla teologia. Dal proseguo di tale percorso la teologia prende coscienza della sua supremazia ed autonomia, e la filosofia viene svuotata dagli esercizi spirituali divenendo “ancilla theologiae”, e consegna materiale teoretico alla teologia stessa. La filosofia nell’epoca moderna si configura nella sua autonomia e cresce nella sua sistematizzazione. Solo con Nieztsche e Bergson l’esistenzialismo torna alla filosofia come risposta all’uomo concreto, nel modo di percepirsi, sentirsi e vedersi nel mondo ed intendere il mondo. Proprio Freud, pur se con evidenti contraddizioni interne alla stessa complessità del suo pensiero, aveva l’opinione che la fede in Dio era un illusione, ma riteneva che la scientificità razionale e la fede avessero le stesse finalità. Infatti, scrive: <> . Saggia unitarietà della persona Dunque, le sinergie tra la filosofia e la teologia-spiritualità hanno una radice antropologica antichissima e profondissima che trova fondamento nell’unitarietà della persona umana. Scrive il filosofo siciliano Augusto Cavadi: “l’uomo non si lascia schizzofrenicamente separare in sfere autonome” . Vi è un “presupposto antropologico comune” in quanto l’uomo, continua Cavadi, “è coinvolto nella ricerca del senso della vita in carne, ossa, sentimenti e ragione: e per riprendere Hegel, “cuore che pensa”” . Achenbach afferma che “l’utopia della consulenza filosofica sarebbe l’anima razionale o la ragione sensibile” . L’uomo in quanto uomo non è soddisfatto e quindi è proteso a sporgersi al di là di una comprensione escludente, magari solo razionale-intellettuale di sé e del mondo, per “conseguire la saggezza” attraverso la quale riuscire a vedersi tutto e comprendersi interamente. La filosofia e la teologia nella loro pratica antropologica ed esistenziale hanno una teleologia comune: cercare la verità sulla e della persona nella sua interezza dentro la propria situazione vitale.

Alla radice dell’umano

Crediamo che, porsi la domanda di come ricominciare a praticare esercizi spirituali esistenziali nella contemporaneità, non sia fuori luogo. Certamente, le teologie e le spiritualità, non dogmatiche, dottrinali, confessionali, sono ricco patrimonio sapienziale se attraversate da una matura epistemologia critica ed illuminata, ed aperte rispettosamente a pluralità di metodi e strumenti. Fondante è partire da quelle tracce di trascendenza nella mappa profonda dell’animo umano, dove giace un fondo di desiderio di senso, che precede di un passo il Mistero del Tutto, il Dio di tutti i nomi o di nessuno nome. Madera si esprime così: “Ogni parola e ogni tradizione sono vie che si interrompono là dove il divino è incontrato, e riprendono nella consapevolezza della loro infinita deficienza espressiva” . Ma anche, cognitiva, e, persino, intuitiva. Si tratta di orientare le vele della pratica filosofico-teologica verso una nuova spiritualità, plurale e dialogica. Tornare ad una spiritualità originaria senza nomi e titoli di proprietà. Enzo Bianchi la descrive, con chiarezza e rispetto, “come vita interiore profonda, come fedeltà –impegno nelle vicende umane, come ricerca di un verso servizio agli altri, attenta alla dimensione estetica e alla creazione di bellezza nei rapporti umani […] che si nutre dell’esperienza dell’interiorità, della ricerca del senso e del senso dei sensi, del confronto con la realtà della morte come parola originaria e con l’esperienza del limite; una spiritualità che conosce l’importanza anche della solitudine, del silenzio, del pensare, del meditare […] che si alimenta dell’alterità: va incontro agli altri, all’altro e resta aperto all’Altro se mai si rivelasse” .

La chiarezza di un abbraccio

In questo paesaggi di “universalità” Lahav propone “la creazione di altri laboratori dove uomini e donne – inseriti nella vita sociale, economica e politica – possano incontrarsi con pensatori, artisti, poeti, scrittori, musicisti, psicologi, cultori della pratiche meditative. E possano incontrarsi disarmati: senza altro intento che di contagiarsi la stessa nostalgia di silenzio, di contemplazione e di conciliazione col resto dell’universo” . E continua: “le dimensioni della saggezza, della profondità, della spirituali sono state largamente dimenticate dalla maggior parte della civiltà occidentale, anche dai settori intellettuali della società, in questo senso stanno evaporando dall’esistenza” . Allora, perché non ripensare il rapporto nella pratica e consulenza, nella cura e terapia della filosofia con la teologia? E pensare ad una filosofia-teologia come “laboratorio di chiarezza”, secondo l’espressione di Madera?

Salire alla mente spirituale

L’abbraccio nella consulenza tra filosofia e teologia esistenziale diviene quanto mai urgente. Sia l’uomo ateo, il non credente, ma anche, non raramente, il religioso vivono un livello lontano da quello dello spirito e della libertà creativa. Su tale livello si può salire con la cultura, afferma il teologo Vito Mancuso: “La cultura ora diviene bisogno intimo dell’anima, vive della solitudine, del colloquio personale coi grandi. Si diventa contemporanei degli scrittori, dei filosofi, dei pittori , dei musicisti, si incontrano ogni giorno le loro anime. Si vive con loro e di loro. I loro pensieri, ora sotto forma di musica, ora di colore, ora di scrittura, sono anche i nostri, diventano la luce della nostra energia vitale. Danno forma, ordine, armonia alla nostra vita di ogni giorno. Si entra nella comunione eterna degli spiriti. Quando l’anima giunge a questo livello, conosce la vita spirituale, diviene anima spirituale” . Lo spirito che ama la sapienza sente la spinta a camminare in avanti, a salire sulla scala della consapevolezza. E la filosofia non disgiunta dalla teologia è la via maestra. In questa salita, il filosofo-teologo consulente accompagna il consultante per i gradini delle idee e dei valori, delle convinzioni, dei sentimenti e delle aspirazioni che formano le visioni della vita e del mondo. Il suo compito è aiutare ad interpretare l’orizzonte di comprensione e consapevolezza per superare nodi problematici in cui si è impigliato il consultante, facendo crescere la significatività della sua esistenza. La sapienza, la saggezza sono impastate di spiritualità, interiorità, profondità, altezza, pienezza di senso, crescente edificazione, significati compiuti. Scrive Achenbach: “Vista così, la saggezza […] richiede che io vada oltre il mio ristretto sé e le limitazioni dei miei preconcetti e dei miei atteggiamenti, oltre le mie opinioni e i miei desideri particolari a cui sono tentato di rimanere attaccato; e oltre tutto ciò che tendo a prendere come incontestabile, già sistemato, come un fatto finito. L’incapacità di andare oltre tutto ciò – ossia in altre parole lo scivolare nei propri atteggiamenti, opinioni, ideali e desideri già fissati e definiti – imprigionare l’individuo in un mondo ristretto e pietrificato e si manifesta come vuoto e mancanza di senso” . E Lahav afferma che “la postmodernità ha aggravato i nostri bisogni spirituali e intellettuali portandoli al livello di una crisi spirituale, una crisi che porta una sfida fondamentale all’umanità contemporanea” . E la consulenza filosofico-teologica, che considera primaria la pienezza di significato dell’esistenza, si trova in prima fila in un impegno peculiare nella contemporaneità.

Distinzione imprescindibile

Ma necessita a priori – come suggerisce Augusto Cavadi – di procedere verso “la destrutturazione dell’equazione spirituale-religioso-confessionale”, giacché “non solo vi è una religiosità che sta alla base di tutte le confessioni storicamente configuratesi, ma vi è anche una spiritualità ancor più basilare delle diverse attitudini religiose dell’umanità che può rendersi manifesta in personalità e in aggregazione dichiaratamente atee” . Si tratta di riconsegnare la spiritualità alla vita, e la vita all’Altrove, all’Ulteriorità, al Mistero, alla Trascendenza. Si riapre l’uomo al suo bisogno di saggezza, sapienza, profondità, elevazione. Afferma Lahav: “L’autoindagine filosofica è un processo in cui la persona va oltre … per aprirsi agli orizzonti infiniti di potenziale comprensione della basi del nostro essere” . E ciò è possibile giacché “L’oggetto della filosofia è la scoperta del fondamento ideale del nostro mondo: i vari significati, conseguenze e interconnessioni che ineriscono ai concetti di libertà o di sé, le implicazioni morali della colpa, il valore o la mancanza di valore del successo e naturalmente il significato della verità e della saggezza” . “Lo sforzo dialettico di fatto – afferma Hadot citando Platone - è una salita comune verso la verità e verso il bene “che ogni anima desidera”” . L’orizzonte filosofico greco di Platone e della sua scuola, unito a quello latino di Epitteto coniugano il concetto di conoscenza come esercizio spirituale, di trasformazione dell’atmosfera interiore, cambiamento della visione del mondo e l’intero suo essere, prendendo in prestito la metafora dell’atleta ed il suo esercizio fisico . Ma anche lo slancio di Lahav, quando scrive che “è necessario un viaggio spirituale … al di là di noi stessi… verso orizzonti di vita più ampi…”. Cavadi focalizza distinguendo, in maniera nitida, in tre dimensioni la spiritualità: “un’esistenza credente all’interno di una confessione”, “un’esistenza sensibile al “sacro””, ed “un’esistenza tesa all’esplicazione delle proprie potenzialità specificamente umane”.

Filosofia e teologia. Reciprocità nell’accompagnamento-consulenza-counseling-cura-terapia

Naturalmente, non interessa la distinzione concettuale tra consulenza, counselling, cura, terapia, accompagnamento, bensì la necessità di prendere coscienza della indispensabilità dell’interazione tra la filosofia e la teologia nella finalità operativa, professionale, soprattutto in peculiari aree esistenziali della persona umana. Interessante la posizione del filosofo e teologo Paul Tillich il quale afferma: “l’angoscia esistenziale ha carattere ontologico e non può essere eliminata ma deve entrare a far parte del coraggio di esistere. L’angoscia patologica è la conseguenza del fallimento dell’io nel prendere su di sé la propria angoscia” . “Qui – si domanda P. Sloterdiik - – la questione è spiegare come il male, il dolore, la sofferenza e l’ingiustizia si conciliano con l’essenza divina” . E conclude: “se non c’è nessun Dio e nessun contesto trascendente, allora come riusciamo ancora a sopportare il dolore?” . E Achenbach allarga l’ottica: “Quale programma di training (incosciente) hanno portato a termine gli essere umani, che spontaneamente percepiscono i loro dolori, la tristezza, le delusioni come “difetti dell’anima” o anomalie, e che si aspettano un sollievo da una competente “riparazione” dell’anima? Su quali presupposti si producono assegnazioni di colpe e guadagni di sgravi, su quali no? E che cosa si deve pensare di questi calcoli di guadagno e di perdita? Che cosa succederebbe, se per l’essere umano fosse meglio odiare, disprezzare, detestare, assassinare, invece che perdonare, esercitare la pazienza e sperare? C’è un “argomento” a favore della vita? E potrebbe essere che un tale argomento, se proprio ci fosse, nel momento in cui si dovesse effettivamente servire, arrivasse troppo tardi? Potrebbe andare diversamente se gli argomenti per questa questione non trovassero nemmeno un accesso, dal momento che la vita è forse una “tentazione” e che alcuni si dimostrano come non seducibili?” . Dunque, afferma Achenbach: “Dico però ancora questo: la filosofia non può affatto rendere giustizia a questa sfida senza liberarsi dalla camicia di forza della divisione del lavoro spirituale” . Forse, si presenta l’impegno di liberare la filosofia e la scienza da una supponenza storica, di cui si coglie la sua insufficienza. Ma dall’altro canto, liberare la teologia e la spiritualità da un’autosufficienza e dall’atavico rifiuto e dimensionamento del valore dell’esercizio della ragione e della conoscenza-cultura. Su questo crinale, “C’è una speranza per coloro che sono privi di speranza?” si chiede Achenbach . E nel contempo c’è il presente come costruzione della speranza per coloro che poggiano lo sguardo solo sulla speranza ultima? Allora si tratta di approfondire, come si esprime Augusto Cavadi, “la dimensione spirituale dell’esperienza antropologica” , ma anche, e di converso, la dimensione antropologica dell’esperienza spirituale. Ovvero, sia sul terreno accademico che quello esistenziale, la filosofia si apra alla teologia e la teologia si apra alla filosofia, in una reciprocità arricchente ed integrante per la conoscenza ulteriore dell’essere umano, per la sua guarigione e sviluppo pieno. Certamente, la conoscenza scientifica ha fatto progressi straordinari, la tecnologia ha raggiunto traguardi stupefacenti, ma non hanno versato altrettanto straordinari e stupefacenti benefici sulla coscienza umana, sul suo meraviglioso paesaggio interiore. Hanno reso tutto più veloce, superficiale, immediato, efficiente, concreto. Ma non più umano e saggio, più alto e profondo, più aperto e vero, più giusto e luminoso. Dunque, nel campo esistenziale la filosofia e la teologia, in relazione feconda, aprono spazi di saggezza e di sapienza portando l’uomo aldilà di se stesso per ritrovare tutto se stesso. La pienezza di senso si conquista aprendosi agli “orizzonti di significato onnicomprensivi” . “Detto nei termini della famosa metafora della caverna di Platone, in cui noi uomini viviamo in un’oscura caverna da cui possiamo vedere solo ombre, - afferma Lahav - l’obiettivo della filosofia nella consulenza non dovrebbe essere aiutare gli abitanti della caverna a esaminare le ombre tra le quali vivono, bensì aiutarli a lasciare la caverna e a uscire, a vedere la luce del mondo fuori dalla caverna” . In altre parole, l’uomo conosce se stesso affacciandosi oltre se stesso. L’orizzonte della pratica filosofica è “la visione secondo cui la buona vita non è solo buon funzionamento (emotivo, cognitivo, comportamentale ecc.) né semplicemente godimento: Una vita più piena – come già citato - include l’edificazione dello spirito e dell’intelletto” . Dunque, “la consulenza filosofica comporta l’incontro con contenuti nuovi esterni al proprio sé attuale. […] si incontrano nuove idee che aprono nuovi aspetti dell’esistenza umana, aspetti che non si possono ragionevolmente considerare già presenti nella psiche dell’individuo. E’ un viaggio in un regno che si estende ben al di là di ciò che è già manifesto nella vita della persona. […] La ricerca della saggezza, per sua essenza, non si volge all’interno dei confini di una sola immagine della realtà ma è piuttosto un dialogo con la rete infinita di idee e di prospettive che sono intrecciate nel regno dei modi potenziali di essere. Inoltre, è un viaggio personale che trae vita non da una dottrina data, ma dall’esperienza unica dell’individuo e dal dialogo con la realtà umana. Allo stesso tempo è importante rendersi conto che un tale viaggio può utilizzare materiali, come concetti e idee, presi dalle filosofie tradizionali. E sarebbe superficiale e pretenzioso per una persona non tenere in considerazione gli insight e le discussioni sulla vita già esistenti, come se fosse la prima nella storia a cercare la saggezza e come se il panorama delle idee non fosse mai stato esplorato prima” . Guai a dimenticare, quindi, “le antiche mete della saggezza e dell’edificazione spirituale” che contribuiscono ad “aprirsi agli orizzonti infiniti di potenziale comprensione delle basi del nostro essere” . Per Lahav la natura della consulenza filosofica, dunque, “è un dialogo con la rete infinita delle idee che sono intrecciate nella vita e ci fanno scoprire le fibre della realtà alla base della vita stessa” 

Conclusione

I venti d’occidente e d’oriente e le vele dell’esistenza Si tratta di indirizzare le vele dell’esistenza spinte dai venti delle proprie risorse intellettive ed interiori. Capire da dove vengono i venti e dove si deve orientare la barca della propria vita. È lotta alla superficialità, al semplicismo, alla banalità, all’insipida e piatta ordinarietà feriale, all’omologazione e massificazione mercatale. In questo orizzonte, diviene indispensabile nella comunità dei filosofi accademici e dei filosofi consulenti, una saggia reciprocità da costruire, assumendo il convincimento-atteggiamento di Augusto Cavadi: “tutti possono imparare da tutti, se non altro a valorizzare, nel confronto, la propria originalità” . Ed in tal senso, si apre “la filosofia come ricerca non solo di scienza e di sapienza, ma anche di saggezza e prudenza; come esercizio non soltanto della mente, ma della volontà e dell’intera personalità; come attività intima e personalissima, ma cordialmente aperta al confronto, allo scambio fraterno, all’ammissione dei propri errori e alla gratitudine per chi ci consente di liberarcene” . La missione della filosofia si consolida nello scavare in profondità dove si trovano le radici dell’autocoscienza e della comprensione del tempo e della realtà. E sale lo stupore di trovarsi alla sorgente del Tutto per colorare con una ricca rete di significati ed un meraviglioso paesaggio di senso la propria esistenza, dell’altro, del mondo.